È stato pubblicata in Gazzetta ufficiale (Legge 40 del 5 giugno 2020) la conversione in legge del decreto Liquidita n. 23/2020, recante misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali.
Di particolare interesse, per quanto concerne la Sicurezza sui Luoghi di lavoro ed in particolare la responsabilità penale imputabile ai Datori di Lavoro, è l’art. 29 bis rubricato <<Obblighi dei datori di lavoro per la tutela contro il rischio di contagio da COVID-19>>.
L’articolo 29 bis riporta espressamente:
«Ai fini della tutela contro il rischio di contagio da COVID-19, i datori di lavoro pubblici e privati adempiono all’obbligo di cui all’articolo 2087 del codice civile mediante l’applicazione delle prescrizioni contenute nel protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del COVID-19 negli ambienti di lavoro, sottoscritto il 24 aprile 2020 tra il Governo e le parti sociali, e successive modificazioni e integrazioni, e negli altri protocolli e linee guida di cui all’articolo 1, comma 14, del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, nonché’ mediante l’adozione e il mantenimento delle misure ivi previste. Qualora non trovino applicazione le predette prescrizioni, rilevano le misure contenute nei protocolli o accordi di settore stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale».
Ricordiamo che l’art. 2087 del codice civile prevede che : “l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”. Tale norma contiene un principio generale, di cui la legislazione in materia di prevenzione e di assicurazione degli infortuni sul lavoro costituisce applicazione specifica.
Difatti l’art. 2087 c.c. non configura un’ipotesi di responsabilità oggettiva, in quanto la responsabilità del datore di lavoro – di natura contrattuale – va collegata alla violazione degli obblighi di comportamento imposti da norme di legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche del momento; ne consegue che incombe al lavoratore che lamenti di avere subito, a causa dell’attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l’onere di provare, oltre all’esistenza di tale danno, la nocività dell’ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l’una e l’altra, e solo se il lavoratore abbia fornito tale prova sussiste per il datore di lavoro l’onere di provare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno e che la malattia del dipendente non è ricollegabile alla inosservanza di tali obblighi. ( Cfr. Cassazione civile, Sez. Lavoro, ordinanza n. 24742 del 8 ottobre 2018)
Pertanto qualora il Datore di Lavoro sia in grado di dimostrare di aver adottato efficacemente quanto previsto dal protocolli non potrà essergli imputato un mancato adempimento ai propri obblighi in materia di Sicurezza sui Luoghi di Lavoro.
Le previsioni dei protocolli di sicurezza adottati in questi mesi diventano quindi parte integrante degli obblighi fondamentali dei datori di lavoro per assicurare la sicurezza dei lavoratori e, come viene espressamente sottolineato, è anche sufficiente a far considerare soddisfatto il “dovere di sicurezza” l’art. 2087 c.c.. È bene ricordare tuttavia che l’art. prevede espressamente che i protocolli sono validi mediante “l’adozione e il mantenimento delle misure ivi previste” pertanto non solo è in capo al Datore di Lavoro l’onere di implementare fattualmente e tenendo conto della realtà aziendale quanto disposto dai protocolli, ma dovrà garantire anche la loro corretta e costante attuazione da parte dell’intero personale, in caso contrario potrà essere chiamato a rispondere sia civilmente che penalmente per essere venuto meno ai propri doveri