Come ben sappiamo, secondo quanto si ricava dalla lettura dell’art. 8 del d.lgs. n. 231/2001, la responsabilità delle persone giuridiche in Italia ha una natura giuridicamente ibrida tanto da essere denominata “responsabilità amministrativa ex crimine”. Si tratta di una responsabilità formalmente amministrativa ma sostanzialmente penale; responsabilità che è autonoma ed aggiuntiva rispetto a quella propriamente penale gravante in capo al soggetto autore del reato. Diversamente dall’Italia, l’attuale sistema francese fonda tale addebito su una presunzione di colpevolezza dell’ente, il quale risponde per il medesimo fatto di reato posto in essere da parte dei suoi organi o rappresentanti, attraverso un peculiare meccanismo d’imputazione c.d. derivata (o “par ricochet”). Tale presunzione, tuttavia, costituisce il più grande limite che la normativa francese presenta in tema di responsabilità degli enti: si rimette alla persona giuridica, come sola possibilità per esimersi dal reato commesso dal concreto autore del reato, la facoltà di provare che il suo organo o il suo rappresentante non abbia agito “per suo conto”. Infatti, da un punto di vista internazionale, l’Italia è l’unico ordinamento giuridico che correla all’adozione ed efficace attuazione dei modelli di organizzazione e di gestione l’estinzione del reato in capo all’ente, non essendo a questo rimproverabile alcun deficit organizzativo.
Tuttavia, mentre nel nostro ordinamento la mancata o insufficiente adozione di adeguati modelli organizzativi fa sorgere in via automatica la responsabilità delle persone giuridiche, il legislatore francese ha introdotto, per mezzo della loi Sapin II(L. 9 dicembre 2016), un meccanismo di risoluzione negoziale delle controversie, in particolare là dove viene prevista la possibilità di concludere una “Convention judiciaire d’intérêt public”. Detto altrimenti, si tratta di uno strumento di natura processualistica, alternativo rispetto all’esercizio dell’azione penale, che consente ad un’impresa (esclusivamente di diritto privato e con capitale superiore ad € 500.000,00) di negoziare con la Procura della Repubblica la possibilità di adottare ed attuare un modello di organizzazione e di gestione sotto la vigilanza dell’organo di diritto pubblico al quale la legge attribuisce e riconosce il ruolo di controllore.
Istituto ispirato ai principi di prevenzione dei rischi e di negoziazione, la CJDP rappresenta lo strumento attraverso cui l’ente, alle condizioni fissate dall’art. 41-1-2 del Code procedure pénale, può decidere di negoziare con la Procura della Repubblica – a seconda dei casi – la riparazione del danno alle vittime, l’adozione di un modello organizzativo ovvero la sua integrazione (sotto la vigilanza di un Organismo di vigilanza di diritto pubblico e per una durata massima di anni tre) nonché, in alternativa, il pagamento di una sanzione pecuniaria il cui ammontare è proporzionale ai benefici conseguiti attraverso l’illecito (nel limite del 30% del valore complessivo del reddito sociale annuo), in cambio dell’estinzione degli illeciti posti in essere e, conseguentemente, della responsabilità dell’ente stesso.
In materia di procedura di conclusione della CJIP, il legislatore francese rimette alla Procura l’elaborazione del progetto nel quale, a pena d’inammissibilità, sono esposti: i fatti che lo hanno determinato, la loro qualificazione giuridica, la natura ed il quantum della sanzione pecuniaria stabilita, nonché le modalità di pagamento. La persona giuridica sarà quindi successivamente chiamata ad accettare per iscritto la Convention, per mezzo dei suoi rappresentanti, pena l’accertamento della sua responsabilità penale in merito ai fatti oggetto della convenzione. Successivamente la predetta Convention verrà trasferita al Presidente del Tribunale nel corso di una pubblica udienza finalizzata all’omologazione della stessa, attraverso una ordonnance de validation. In caso di mancata convalida dell’accordo da parte del giudice, il Pubblico Ministero è tenuto ad esercitare l’azione penale, non potendo tuttavia utilizzare processualmente le dichiarazioni rese ed i documenti presentati dall’ente nel contesto del procedimento negoziale. Diversamente, in caso di esito affermativo, nel termine di dieci giorni dalla pronuncia dell’ordinanza l’enteha la facoltà di ritrattare ovvero di recedere. In ogni caso, il provvedimento di omologazione non ha né la natura né gli effetti di una sentenza di condanna, tanto che allo stesso non segue l’iscrizione nel casellario giudiziale. Tali effetti, tuttavia, non si determinano nel caso di mancato rispetto degli obblighi prescritti nell’ordinanza giudiziale, posto che all’inadempimento seguirà l’esercizio dell’azione penale da parte del Pubblico Ministero ed un regolare processo.
Ad ogni modo, la disciplina legale non fornisce alcun chiarimento relativo alle circostanze in virtù delle quali il Pubblico Ministero possa proporre la Convention, affermandosi – ancora una volta – il principio di discrezionalità.
In Italia manca, in altre parole, uno strumento che consenta alla persona giuridica inadempiente verso gli obblighi fissati dal d.lgs. n. 231/2001 non soltanto di estinguere gli illeciti posti in essere, ma più in generale di esonerarsi, anche a prescindere da quanto disposto dall’art. 6 del decreto appena citato, e quindi ex post, dalla responsabilità “da reato” stessa, nonché di evitare altresì l’iscrizione del fatto illecito accertato all’interno del casellario giudiziale.
In auspicio, dunque, di un tempestivo intervento del legislatore in tal senso, preme rammentare che la disciplina nazionale dettata dal d.lgs. n. 231/2001 in tema di responsabilità amministrativa da reato degli enti ammette l’esonero della responsabilità – per così dire – ex crimine nei soli casi in cui la persona giuridica abbia a priori adottato idonei modelli organizzativi tali da evitare o comunque limitare (salvo in caso di fraudolenta elusione del modello stesso) la commissione di reati della specie di quello verificatosi in concreto. Pertanto, nonostante, in caso di procedimenti penali pendenti o accertati, non possa evitarsi l’iscrizione dei medesimi all’interno del casellario (salvo intervento in senso contrario del legislatore), si consiglia a tutte le imprese che non abbiano ancora adottato il modello di organizzazione e di gestione ovvero che lo abbiano adottato in maniera insufficiente e siano eventualmente incorse in accertamenti della responsabilità di tipo penalistico, di attivarsi in tal senso così da non rispondere per fatti illeciti commessi dai propri apicali o sottoposti, posto che a nulla rileva l’elemento soggettivo del fatto commesso nell’interesse o a vantaggio della persona giuridica se alla stessa si rimprovera quel difetto di organizzazione che la normativa in questione ambisce a prevenire ed evitare.